Protesica d’anca: i vantaggi della chirurgia moderna

La chirurgia protesica dell’anca si rende necessaria in caso di patologie degenerative che interessano la cartilagine articolare e le ossa, ma anche in seguito a traumi o incidenti. Le moderne operazioni chirurgiche volte a impiantare una protesi all’anca sono sempre più mirate a ridurre l’invasività dell’intervento, quindi anche il dolore postoperatorio e i tempi di recupero, aumentando al contempo i casi di successo.

Questo è possibile grazie alle nuove tecnologie e dimensioni degli impianti, alle vie di accesso sempre meno invasive e rispettose dei tessuti (come la via d’accesso anteriore all’articolazione coxo-femorale), ai tempi d’intervento ridotti, ai moderni approcci alla riabilitazione.

Eseguire un intervento di protesica all’anca: le procedure mini-invasive

Come primo passaggio fondamentale per risolvere una problematica su un paziente in qualsiasi condizione di salute e di qualsiasi età, è bene condurre un’indagine diagnostica per individuare la modalità di intervento più adeguata, che offra i migliori risultati a fronte di tempi di recupero ridotti.

Servono quindi radiografie (ed eventualmente risonanze magnetiche) per conoscere lo stato attuale dell’osso, e per verificare se sono presenti edemi e infiammazioni, viti o protesi risalenti a vecchi interventi, oppure se la struttura ossea appaia debole.

I passaggi successivi riguardano lascelta della protesi edella via di accesso

La scelta della via d’accesso

Le vie di accesso per la protesica all’anca sono di diverso tipo: anteriore, postero-laterale, laterale, trans-trocanterica, antero-laterale. Queste sono quelle più comuni nella recente chirurgia protesica all’anca. Oggi, tuttavia, si preferisce utilizzare quelle vie di accesso chiamate mini-invasive, in quanto consentono di rispettare il più possibile muscoli, tendini o legamenti, oltre che conservare osso.

Tra le vie più innovative al momento è certamente l’accesso anteriore diretto. Questa soluzione è volta al risparmio del patrimonio osseo e al rispetto di muscoli e dei tendini. Ciò consente al paziente di provare meno dolore quando l’effetto dell’anestesia svanisce e di ottenere un recupero più veloce ed efficace.

La via d’accesso anteriore è a ridotta invasività e si basa sulla divaricazione, e non sul disinserimento, dei capi muscolari. Questo comporta la riduzione del dolore post-operatorio e anche del rischio di lussazione, in quanto i muscoli mantengono la stabilità dell’articolazione.

Si manifesta poi una contenuta perdita di sangue, che rende questa operazione più semplice da eseguire, con meno rischi e senza la necessità di trasfusioni.

Si tratta di strategie di chirurgia protesica molto complesse che non sono adatte a tutti i pazienti e serve quindi un’analisi preliminare molto attenta. Non è adatta, per esempio, a pazienti obesi o con masse muscolari eccessivamente sviluppate. 

Tra Le vie d’accesso più utilizzate abbiamo la postero-laterale e la laterale diretta. Questi accessi garantiscono, in mani esperte, cicatrici e tempi operatori ridotti, oltre che una precoce ripresa funzionale del paziente. Rispetto alla via d’accesso anteriore possono essere effettuate su tutti i tipi di pazienti.

La scelta della protesi

Le vie d’accesso mini-invasive moderne devono essere associate a impianti protesici adeguati al caso individuale del paziente. Oggi esistono circa 60 moderne protesi che offrono risultati eccezionali.

Esistono, per esempio, protesi a stelo corto e a conservazione di collo, molto utile in caso di danneggiamento della testa femorale, ideale per salvare invece l’osso cervicale. Sono in metallo, rivertiti da materiali porosi (principalmente idrossiapatite) perfettamente adattabili e integrabili all’osso del paziente. 

Gli accoppiamenti tra testina protesica e inserto acetabolare sono principalmente ceramica e polietilene altamente reticolati (una plastica ad altissima resistenza), che garantiscono bassissimi attriti e consumo dei materiali quasi trascurabile.

L’impianto di protesi di piccole dimensioni consente di mantenere una buona riserva di tessuto osseo, utile in futuro in caso si renda necessario un intervento di revisione.

Ci sono poi protesi classiche a stelo lungo, le meno moderne, ma ancora molto utilizzate, oppure quelle da revisione, cementate e a stelo lungo, per sostituire una protesi precedentemente impiantata.

E’ importante che il professionista chirurgo valuti attentamente le condizioni di salute del paziente e scelga sempre la via d’accesso e la protesi che consente di risparmiare il più possibile l’osso, andando a ridurre al contempo l’invasività dell’operazione.

Per quanto riguarda la mia pratica clinica, nell’ambito della protesica d’anca cerco sempre, ove possibile, di applicare la filosofia della mini-invasività, nell’ottica di minimizzare le perdite di sangue e il dolore postoperatorio e di favorire la ripresa funzionale di tutti i miei pazienti.

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